Con l’approvazione del DDL Concorrenza 2017 è stato finalmente e definitivamente superato l’incongruente divieto di costituire società tra gli avvocati introdotto con le leggi razziali del ’39 poi abrogato nel 1997 con la prima “Legge Bersani” e rimasto a lungo nel limbo della delega mai attuata dal Governo a seguito della Legge di “riforma” forense del 2012.
Ho avuto la fortuna di seguire personalmente gli aspetti strategici della trasformazione del primo studio legale italiano costituitosi in società cooperativa e, grazie a questa esperienza, ho capito come, per favorire la competitività dello studio, sia innanzitutto importante cambiare forma mentis, prima ancora che forma giuridica.
Modelli di governance, sistemi di condivisione degli utili, piani di carriera per i giovani e piani di successione per i seniores, condivisione della clientela e delle attività di marketing strategico, analisi di posizionamento e comunicazione, sono questi i punti centrali per una gestione collettiva vincente, molto più importanti dell’ingresso o meno di un socio di “capitale” non avvocato.
Quest’ultimo aspetto della norma recentemente introdotta è il più controverso e discutibile.
A lungo osteggiato dall’avvocatura che sostiene che l’ingresso del socio di capitale possa condizionare la libertà di pensiero e movimento degli avvocati, potrebbe invece rivelarsi uno strumento utile per consentire a molti studi di organizzarsi adeguatamente, anche accedendo a provvidenze e capitali di investimento o potendo includere nella propria compagine collaboratori non avvocati che concorrono con la loro professionalità alla gestione dello studio.
Mi auguro che queste riflessioni vi arrivino mentre state godendo di una piacevole pausa estiva. Buon ferragosto!
Lewis Carrol, Alice in Wonderland