Ammessa la pubblicità e anche l’utilizzo di internet
Pagina a cura di Paola Parigi
Prima col decreto Bersani del 2006, poi con la legge di attuazione della Direttiva Bolkenstein del 2010, poi con la L. 138/2011, si è affermato il principio della libertà di pubblicità per i professionisti.
Nonostante le resistenze –alcuni codici deontologici parlando per ossimori si occupano di “pubblicità informativa”- è sostanzialmente lecito per tutti i professionisti farsi pubblicità secondo la legge (non ingannevole, palese, veritiera e corretta).
In alcuni settori è fatto espresso divieto di comunicare i prezzi praticati e i nomi dei clienti, anche se questi hanno dato il loro consenso. Questa limitazione è in effetti quella meno comprensibile e che meno di altre tutela l’affidamento del cliente.
Pur salvaguardando il segreto e la riservatezza, vi sono casi nei quali sapere se uno studio professionale abbia maturato una specifica esperienza nel settore di interesse e possa vantare casi di successo nel proprio track record, è molto importante per il potenziale cliente e lo stesso vale per le politiche tariffarie.
Gli strumenti a disposizione
Quanto agli strumenti grazie ai quali i professionisti possono promuovere la propria attività, non vi sono limiti all’uso dei più classici come cartellonistica, pagine pubblicitare su riviste, publiredazionali, spot radio e tv, etc., né all’uso del web (newsletter, inserzioni sulle directories, canali e profili Social, etc.). In concreto, però, solo una ristretta minoranza dei professionisti utilizza questa facoltà.
Accade sporadicamente di vedere una pagina pubblicitaria, un manifesto, uno spot televisivo che promuovano uno studio professionale e questo dipende in gran parte dai costi e, probabilmente anche dalla fondata convinzione che la pubblicità in senso classico non sia funzionale né utile.
In assenza di una strategia complessiva, è difficile affermare a priori, se uno studio o un libero professionista abbia bisogno di pubblicità e soprattutto se, grazie alla pubblicità, la sua redditività migliorerebbe.
Al netto di quanto può fare un corretto uso della comunicazione, più vicina alla “informazione” di quanto lo sia la pubblicità, è evidente che il principale obiettivo del marketing dei servizi professionali sia la creazione e il rafforzamento della reputazione.
Nei mercati piccoli, di prossimità, quali sono la maggioranza dei “campanili” del nostro paese, quel che gi altri dicono del professionista, la sua nomea, la fama di persona esperta e affidabile ha un impatto significativo sulla propensione del potenziale cliente a scegliere di esserne assistito.
Lo studio sempre meno locale
Se lo studio ha portata nazionale o internazionale, la strategia di comunicazione potrà includere investimenti pubblicitari che siano coerenti, in ogni caso, con il suo posizionamento. Non sarà certo un cartellone in aeroporto a far scegliere a un manager uno studio legale al posto di un altro, ma quel cartellone potrebbe ricordargli che non è più soddisfatto del solito studio e che alla sua azienda converrebbe ampliare il raggio di scelta.
Grazie al fattore moltiplicatore di internet, la pubblicità si è spostata su un piano diverso, meno diretto, che fa leva sulla visibilità delle tracce che ciascuno di noi lascia nella rete.
Il professionista che intenda confermare anche alla clientela potenziale “latente” dovrà, per giovarsene, affinare strategie di monitoraggio della propria reputazione online e concentrarsi su attività di self branding indirizzata a collocare il nome dello studio e del professionista tra le “firme” ricorrenti sul web, sulla carta stampata e nei canali Social ottenendo, con investimenti molto più contenuti di quelli tradizionalmente richiesti da una campagna pubblicitaria, risultati senz’altro più interessanti.
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