Il piano editoriale dello studio legale è costruito allo scopo di raggiungere l’obiettivo di comunicazione che lo studio si è prefissato. Ne abbiamo parlato in un articolo precedente.
La sua costruzione deve rispondere ad alcune regole che potremmo in 5 punti fondamentali:
- definizione del pubblico;
- periodicità sostenibile;
- coerenza dei temi;
- varietà di strumenti;
- corretta scelta dei canali.
Vediamole una ad una.
1. Definizione del pubblico dello studio legale
Sulla definizione dell’obiettivo del piano abbiamo già detto: si tratta di impostare correttamente i valori che si desidera raggiungere in termini di visite al sito, visualizzazione dei post su LinkedIn, letture della newsletter e via dicendo, in modo da potere misurare il successo delle attività di comunicazione.
Questi risultati, per avere valore, devono essere raggiunti nei confronti del proprio pubblico ideale.
Non importa raggiungere grandi numeri se i lettori non sono, per così dire, quelli giusti, cioé i potenziali clienti interessati all’attività dello studio. Il primo ed essenziale passaggio è quindi la corretta individuazione del proprio pubblico (in gergo audience).
La parte più importante è costituita dai clienti dello studio, presenti e passati. La comunicazione infatti ha lo scopo primario di farli sentire oggetto dell’attenzione dello studio. Lo sforzo di costruzione del piano di comunicazione deve dunque dirigersi verso l’individuazione e l’anticipazione dei temi di interesse formativo e informativo dei propri clienti, attuali e potenziali.
2. Periodicità sostenibile
Qualsiasi piano che preveda un impegno da parte dell’autore, sia esso una dieta, un programma di allenamento, un corso per imparare una lingua straniera o il progetto di smettere di fumare, è destinato ad avere successo solo se viene assunto in “dosi” sostenibili.
Ogni nuovo impegno, per essere efficacemente portato a termine deve diventare un’abitudine.
Nella sua esecuzione, la curva della fatica deve tendere allo zero, con il passaggio del tempo, perché lo sforzo di concentrazione, l’inserimento della nuova routine, la creazione di uno spazio temporale da dedicarle vanno assimilati e resi automatici, solo così non costituiranno più un peso.
Una periodicità eccessiva non consentirebbe di affrontare il lavoro nel modo giusto e la valutazione della sua sostenibilità è, naturalmente, una considerazione molto personale.
Ci sono però degli escamotage che possono aiutare a rendere sostenibile anche la fatica di creare contenuti a scadenze più o meno regolari; ne parleremo in un prossimo articolo, ma intanto anticipiamo questi pochi ma utili trucchi del mestiere:
- avere sempre da parte dei contenuti evergreen da riproporre in caso non si sia riusciti a gestire le scadenze;
- procurarsi in modo automatico ispirazioni e idee;
- schematizzare il modo di confezionare il contenuto (come scrivere, come registrare un podcast, come realizzare un video), etc.
3. Coerenza dei temi
Come per l’individuazione del proprio pubblico (magari piccolo ma veramente interessato), anche per identificare gli argomenti sui quali deve orientarsi il piano editoriale, bisogna avere a mente i veri interessi della nostra audience.
Meglio parlare meno e più a proposito (mantenendo la periodicità sostenibile di cui abbiamo detto), invece che parlare continuamente ma di argomenti non coerenti con gli obiettivi del piano di comunicazione.
Se lo studio legale si è proposto di costruire o rafforzare la propria reputazione in un settore nuovo o per il quale non è conosciuto, dovrà concentrarsi sugli argomenti correlati, focalizzandosi su quelli e non disperdere energie a parlare d’altro.
4. Varietà di strumenti
Non solo articoli, ma anche podcast, video, condivisione di presentazioni, documenti, eventi formativi: la monotonia non premia un piano editoriale.
Gli strumenti a basso costo disponibili oggi sono tali e tanti che è sbagliato non tenerne conto.
L’attenzione alla diversificazione degli strumenti di comunicazione peraltro, consente di moltiplicare l’efficacia di un tema/topic.
Della stessa novità o interpretazione legislativa, dello stesso commento o approfondimento, si possono fornire infatti più versioni, una scritta, una orale e una multimediale, ottenendo il doppio vantaggio di moltiplicare le uscite, diminuendo lo sforzo creativo.
Il content repurposing o recycling, è la (buona) pratica di riutilizzare tutto o parte di un contenuto trasformandone la forma, per poterne espandere la portata. Si può ad esempio realizzare un podcast basandosi sul testo di un articolo, estrarne i concetti chiave per evidenziarli in una infografica, commentarli durante un breve video, e, in ogni caso utilizzare ogni testo come notizia nel contesto dell’invio di una newsletter.
5. Corretta scelta dei canali
Per lo stesso principio che il piano editoriale ha lo scopo di portare le persone giuste sui contenuti di loro interesse e collegare questi contenuti al nome del professionista o dello studio, bisogna selezionare con cura anche i canali attraverso i quali i contenuti stessi sono veicolati.
Dato per scontato che tutto, ma proprio tutto, va postato anche sul sito, i canali di propagazione (social network, invii mirati, etc.), vanno scelti consapevolmente.
Ognuno di questi canali si rivolge a un pubblico leggermente diverso, utilizza un linguaggio diverso e, di conseguenza ottiene risultati diversi.
Per semplificare possiamo fare alcuni esempi: un video va certamente postato sul canale YouTube o Vimeo, ma, se di durata inferiore ai 10 minuti può essere condiviso anche direttamente su Linkedin e, durante la sua realizzazione, essere usato come diretta Facebook.
Un podcast potrà essere diramato oltre che sulla piattaforma nella quale è realizzato, anche attraverso Spotify, ma la sua trascrizione è utilissima per corredare il post del sito, sul quale andrà inserito il link al file audio prescelto.
Andremo nel dettaglio della creazione dei contenuti e della misurazione dei risultati con i prossimi articoli su questo argomento.
L’autrice di questo post è Paola Parigi
Se desiderate informazioni non esitate a contattarci.
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